Sotto una pensilina e tra impalcature che si intravedono dietro a cancelli chiusi, il cantiere di Villa Sora ribadisce che il sito archeologico di Ercolano non è un museo immobile ma un luogo di lavoro. Tecnici e archeologi si alternano tra operazioni di scavo e interventi di tutela: il clima è quello di un cantiere di precisione, non di una scoperta pubblicitaria. Chi passa vicino lo nota: la passerella che conduce ai settori più suggestivi è stata ripensata, le coperture sono state ampliate, e sul terreno si leggono linee di scavo che promettono nuovi materiali e nuove letture della città sepolta.
Scavi in corso e obiettivi concreti
Nel cuore dell’area vesuviana, Ercolano torna a essere laboratorio: il progetto su Villa Sora prevede interventi programmati per circa due mesi, con l’obiettivo di indagare porzioni finora poco esplorate. Al centro dell’azione c’è lo scavo dell’ambiente 22, l’avanzamento del fronte nord e la revisione dell’attuale passerella, operazioni che andranno a modificare il percorso di visita e a mettere in sicurezza i manufatti. Il lavoro non è episodico: si inserisce in una linea di ricerca avviata nel 2016, parte di un programma più ampio di valorizzazione dell’area. Un dettaglio che molti sottovalutano è che questi interventi servono anche a prevenire ulteriori danni su strutture già fragili.
Le fasi operative saranno scandite da rilievi stratigrafici, documentazione fotografica e rilievi tridimensionali dove necessario. In termini pratici, significa poter recuperare informazioni sulla sequenza costruttiva della villa e sulla relazione tra ambienti interni e spazi aperti; informazioni utili per definire priorità di conservazione. Oltre allo scavo, sono previsti interventi di consolidamento delle murature e l’estensione della copertura protettiva sopra settori esposti ai depositi piroclastici. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è che ogni opera di consolidamento è scelta per durare nel tempo, non per soluzioni temporanee.

Metodo, tutela e possibili riscontri
Le attività sul campo inizieranno con operazioni di diserbo e pulizia delle superfici, poi proseguiranno con scavi condotti secondo criteri stratigrafici rigidi. Gli archeologi operano con setacci e schede di contesto: ogni frammento, anche quello più piccolo, viene selezionato e catalogato. È prevista una costante interazione tra chi scava e i restauratori, che seguono la documentazione e definiscono priorità per la conservazione dei materiali. Un dettaglio che molti sottovalutano è la cura riservata agli elementi lapidei e laterizi; questi vengono documentati, puliti e conservati in modo da poter essere eventualmente ricomposti.
Particolare attenzione è riservata alle superfici decorate e ai pavimenti: saranno tra i primi a essere verificati perché possono rivelare dettagli utili per ricostruire la storia della villa e le sue fasi costruttive. I reperti mobili recuperati saranno catalogati e valorizzati per la fruizione pubblica, con la redazione di un dossier finale che sintetizzerà metodi e risultati. Reperti, stratigrafia, area visitabile e murature sono parole chiave qui: indicano aree di lavoro ma anche elementi che determineranno il nuovo assetto espositivo. Il risultato pratico sarà un percorso di visita più ampio e sicuro, e la possibilità che porzioni della villa tornino ad essere leggibili per i visitatori, restituendo alla memoria locale parti della storia che il tempo non ha cancellato.
