Nelle Marche tra scogli e vigneti: dove nascono i piatti più autentici della tradizione locale

Nelle Marche tra scogli e vigneti: dove nascono i piatti più autentici della tradizione locale

Luca Antonelli

Dicembre 1, 2025

Il paesaggio apre senza fronzoli: una parete rocciosa che scende a picco sul mare, sentieri che si inerpicano tra macchia e corbezzoli, baie dove l’acqua è trasparente come in poche altre coste dell’Adriatico. È questa la prima immagine che restituisce il territorio attorno al promontorio del Conero, un tratto di costa che non si riduce alla spiaggia affollata ma mescola natura, attività all’aperto e un profilo gastronomico molto definito. Chi arriva lo nota: non sono solo il paesaggio e le escursioni a caratterizzare l’area, ma una rete di produzioni locali che collega il Monte Conero alle tavole dei borghi di Ancona, Sirolo, Numana e Portonovo. Un dettaglio che molti sottovalutano è la presenza di una tradizione enogastronomica che segue i ritmi stagionali, non solo l’offerta estiva delle località di mare.

Il parco regionale istituito nel 1987 custodisce percorsi che mostrano a chi percorre i sentieri i diversi volti del promontorio: ci sono arrampicate, passeggiate lungomare e punti panoramici dove il panorama si apre fino all’orizzonte. Lo sguardo da terra è diverso da quello che si ha osservando le scogliere dalla barca; per questo motivo molte escursioni in mare prevedono soste per il bagno, snorkeling e anche degustazioni a bordo, che mettono in relazione pesca locale e cucina. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la tranquillità dei borghi, quando i ristoranti mettono in menu i prodotti conservati e le ricette tradizionali, ecco perché il viaggio gastronomico non è soltanto stagionale.

Eccellenze del Conero e pesca sostenibile

Tra le produzioni più caratteristiche c’è il mosciolo selvatico di Portonovo, una cozza che vive su fondali rocciosi e che negli ultimi decenni ha beneficiato di pratiche di pesca regolate. La pesca stagionale e la selezione della taglia sono pratiche adottate per preservare le colonie e mantenere la biodiversità, ed è plausibile che queste misure abbiano contribuito a stabilizzare la risorsa. In queste acque, vicino alla spiaggia di Mezzavalle e al Trave, i pescatori operano con metodologie tradizionali e controlli che mirano alla sostenibilità della pesca, un aspetto che trova riscontro nelle rotte turistiche e nei ristoranti del territorio.

L’assaggio dei moscioli rivela differenze sensoriali rispetto alle cozze di allevamento: la consistenza è più morbida e il sapore ha intensità marina marcata, segno delle condizioni ambientali dei fondali. La preparazione è essenziale: spesso basta farli aprire in pentola senza ulteriori manipolazioni per cogliere la qualità del prodotto. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la relazione diretta tra pratiche di pesca e prezzo sul mercato locale; la scelta di non eccedere con la raccolta porta, nel tempo, a una maggiore resa gustativa e a una notorietà crescente tra gli appassionati.

Nei ristoranti della costa il mosciolo è servito come antipasto semplice o come ingrediente di primi piatti: la semplicità di cottura non sminuisce la complessità del sapore, anzi la valorizza. È una testimonianza concreta di come tutela ambientale e qualità alimentare possano convivere nel modello produttivo delle Marche.

Stoccafisso all’anconetana e il vino del territorio

Lo stoccafisso all’anconetana è la ricetta che meglio racconta l’incontro tra storia marittima e cucina locale. Secondo la storia, il merito della diffusione dello stoccafisso nel Mediterraneo è legato alle rotte dei naviganti del passato e a episodi come quello del mercante veneziano che portò il pesce essiccato dall’area delle isole Lofoten. Nelle cucine di Ancona la preparazione mantiene passaggi codificati: il pesce va prima in ammollo per la reidratazione, poi si elimina la lisca e si taglia in pezzi; si procede sovrapponendo patate, una salsa a base di cipolla, aglio e prezzemolo e ingredienti come capperi, olive nere e pomodorini.

Nelle Marche tra scogli e vigneti: dove nascono i piatti più autentici della tradizione locale
Portata di pesce bianco con capperi: un classico della cucina mediterranea, simbolo dei sapori autentici delle Marche. – hotellagriglia.it

La ricetta richiede tempo e una cottura lenta, che conserva la compattezza del pesce e amalgama i sapori. L’uso di olio EVO e l’aggiunta di acciughe dissalate nella salsa sono passaggi che molti chef locali ritengono determinanti per il bilanciamento gustativo. Esiste anche una dimensione culturale della pietanza: l’Accademia dello Stoccafisso e gli eventi legati al prodotto testimoniano come una ricetta popolare sia diventata elemento di identità territoriale senza perdere il legame con la tradizione.

In abbinamento, il Conero DOCG è tra i vini che meglio si integrano con la gastronomia del promontorio. La denominazione, riconosciuta ufficialmente nel 2004, prevede l’uso prevalente di Montepulciano (almeno l’85%) con l’eventuale presenza di Sangiovese fino al 15%. Il risultato è un vino dal colore rosso rubino, con profumi fruttati e note speziate e balsamiche; la vicinanza al mare lascia tracce di mineralità che si percepiscono al palato. Un fenomeno che molti osservano è la capacità di questi vini di sostenere piatti saporiti, dal pesce conservato alle carni alla brace, contribuendo a un’offerta enogastronomica coerente con il territorio.

Una sosta in porto, con una porzione di stoccafisso e un bicchiere di Conero, rimane un dettaglio concreto per comprendere come paesaggio e cucina si rispecchino: non è un gesto celebrativo, ma un modo per leggere il territorio attraverso sapori radicati e pratiche produttive ben definite.

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